Premessa
La necessità di consumare alternative più o meno naturali allo zucchero tradizionale (e.g. saccarosio) nasce dalla amara constatazione che da almeno 30 anni nella dieta o nelle abitudini alimentari del mondo occidentale vi è effettivamente un eccesso di zuccheri semplici che è stato ed è tuttora causa di patologie a livello endocrino e metabolico.
Può essere quantificato o meglio specificato questo abuso di zuccheri?
Spesso nella routine quotidiana non ci rendiamo conto di quanti zuccheri si consumino, infatti oltre al classico zucchero o saccarosio, indifferente sia esso raffinato o di canna, da aggiungere al caffè o al tè spesso e volentieri si abusa di altri alimenti ricchi in zuccheri come la cioccolata, il gelato, i cereali da colazione, i vari tipi di biscotti, le bibite gassate, i succhi di frutta, ecc. Il fatto che il dolce o in generale gli zuccheri aumentino la produzione di endorfine, neurotrasmettitori implicati nei circuiti neuronali della gratificazione, porta molti soggetti a cercare soddisfazione seguendo questo genere di approccio che è dieteticamente sbagliato ma più semplice da perseguire piuttosto che dedicarsi alla pratica sportiva che in fin dei conti possiede effetti anche migliori in termini di gratificazione oltre agli innumerevoli benefici sia di tipo fisico che salutistico.
Quali sono le conseguenze in termini salutistici di questo abuso?
È un dato di fatto che tutti gli zuccheri semplici non siano proprio degli alleati dei regimi dietetici siano essi ipocalorici, normocalorici o ipercalorici, un loro eccesso è infatti strettamente correlato sia al rischio di sviluppare diabete di tipo II o comunque forme di resistenza insulinica sia alla possibilità di sviluppare condizioni infiammatorie croniche a livello della mucosa intestinale.
Ovviamente più l’individuo è attivo fisicamente meno quel surplus di zuccheri semplici avrà ripercussioni a livello endocrino e metabolico dal momento che può venir sfruttato come fonte energetica durante la pratica sportiva. Non bisogna però sottovalutare l’asset genetico individuale e quindi la facilità magari di alcuni soggetti pur attivi fisicamente a sviluppare le suddette complicanze.
Il consumo eccessivo di zuccheri è riconosciuto come la principale causa dell’epidemia di obesità che affligge soprattutto i paesi occidentali e i più industrializzati, Stati Uniti in primis; una visione differente rispetto a quella di parecchi anni fa in cui il principale imputato erano i grassi. Questi ultimi, in particolare grassi saturi e trans, rimangono sempre delle componenti alimentari ad alto rischio dal momento che un loro eccesso porta a gravi disordini di tipo cardiovascolare.
Che tipo di alternative agli zuccheri comuni sono presenti sul mercato?
La ricerca scientifica in campo alimentare ha cercato di sviluppare delle alternative che simulassero il potere dolcificante del saccarosio o dello sciroppo di glucosio (forma presente in molte bibite gassate) senza però apportare calorie ed evitando interferenze a livello metabolico. Ciò ha portato alla commercializzazione dei dolcificanti sintetici di cui andremo tra poco a vederne le caratteristiche, infatti meglio prima fare un’opportuna classificazione di quelle che sono le alternative naturali e sintetiche allo zucchero tradizionale.
I più comuni dolcificanti sintetici sono:
- aspartame
- acesulfame k
- saccarina
I più comuni dolcificanti di tipo naturale sono:
- miele
- fruttosio
- xilitolo
- sorbitolo
- stevia
Dolcificanti sintetici
I dolcificanti sintetici sono molecole create in laboratorio, hanno un potere dolcificante maggiore del saccarosio ma sono acalorici e per lo più ininfluenti in termini di stimolo insulinemico.
Il potere dolcificante (p.d.) prende sempre come riferimento di base lo zucchero comune o il saccarosio e si stima che il p.d. dell’aspartame sia di circa 200 volte maggiore e quello della saccarina di circa 400 volte. Questo significa che servirebbero 200-400 grammi circa di saccarosio per ottenere lo stesso sapore dolce dato da 1 grammo di dolcificante.
Ovviamente sorgono tanti dubbi riguardo alla loro sicurezza in termini salutistici più che altro perché non si conoscono ancora gli effetti a lungo termine sul nostro organismo, per questo vi è sempre una dose massima giornaliera da non superare come anche c’è l’invito a limitarne o evitarne l’uso in condizioni fisiologiche particolari come gravidanza e allattamento.
Si discute inoltre su un loro possibile seppur minimo condizionamento delle funzioni endocrine e metaboliche del nostro organismo. Alcuni studi recenti, ma che necessitano di ulteriori conferme, affermano che in qualche modo queste sostanze possano stimolare per via indiretta la produzione di insulina interferendo sui mediatori che regolano la sensazione di sazietà.
Dolcificanti naturali
I dolcificanti naturali sono molecole già presenti in natura, per scopi commerciali alcuni vengono estratti da altre matrici alimentari (e.g. il fruttosio dallo sciroppo di mais). Generalmente hanno potere dolcificante simile al saccarosio, sono calorici (eccetto la Stevia) ma hanno un impatto inferiore in termini di stimolazione insulinica.
Un discorso a parte meritano il fruttosio e la stevia.
Fruttosio
Questo zucchero fu ampiamente utilizzato come alternativa al saccarosio negli anni ‘90 in quanto ritenuto meno “invasivo” in termini metabolici soprattutto per i soggetti diabetici. Effettivamente il potere dolcificante è maggiore (e.g. 1.5 volte il saccarosio), ha quindi un indice glicemico inferiore, ma si è poi scoperto che possedeva altre proprietà non proprio salutari; è stato infatti definito un “metabolic deranger” ovvero un disturbatore o distruttore metabolico per le complicanze a livello epatico a cui può portare. È opportuno evidenziare alcune caratteristiche:
- Pur essendo dal punto di vista molecolare molto simile al glucosio ha meccanismi di assorbimento piuttosto differenti. Non esiste a livello fisiologico un controllo enzimatico che ne limiti l’assorbimento a livello epatico come invece avviene per il glucosio.
- È fortemente lipogenetico quindi una volta scomposto a livello epatico in molecole più elementari (e.g. didrossiacetone-fosfato e gliceraldeide-3-fosfato) porta alla sintesi dei trigliceridi. Studi clinici hanno appunto confermato che elevati livelli di fruttosio nella dieta portano ad un aumento dei trigliceridi plasmatici.
- Il fatto che stimoli di meno la secrezione insulinica porta ad avere un minore senso di sazietà e ciò induce ad assumerne più del dovuto.
- Non stimola la leptina né la grelina; il primo è un regolatore della spesa energetica, il secondo invece regola il senso dell’appetito.
Tutto ciò porterebbe a pensare che anche il consumo di frutta, dove il fruttosio rappresenta lo zucchero principale, risulterebbe controindicato ma in realtà in questo contesto lo zucchero in questione si trova insieme alla matrice fibrosa che ne riduce l’assorbimento a livello intestinale; risulta però sempre valido l’invito a non consumarne mega dosi soprattutto nei soggetti diabetici.
Stevia
Il dolcificante naturale in questione è ottenuto da un arbusto originario del Sud America. Da esso si estraggono le componenti elementari tra cui gli steviosidi che sono quelli che vengono poi commercializzati.
Il potere dolcificante è molto alto, circa 300 volte il saccarosio, ma a differenza degli altri dolcificanti naturali possiamo definirlo acalorico e ininfluente in termini di stimolazione insulinica. Pare strano che una sostanza naturale non abbia alcuna interferenza a livello metabolico ma la ragione è perché le sue componenti non vengono digerite a livello intestinale.
Anche in questo caso come per i dolcificanti sintetici si invita sempre a non eccedere nelle dosi dal momento che non sono ben chiari o meglio noti gli effetti a lungo termine.
Qual è alla fine la migliore alternativa allo zucchero tradizionale?
Il problema non è lo zucchero comune o il saccarosio ma capire come usarlo e quanto usarne. Se generalmente seguo un regime dietetico già di per sé povero in zuccheri semplici e ricco in fibre, non sono certamente quei 2/3 cucchiaini di zucchero al giorno aggiunto al caffè che portano a sviluppare problemi metabolici. In caso invece la mia dieta sia particolarmente squilibrata e preveda il consumo frequente di dolci, bibite gassate e cibo spazzatura in generale allora devo correre ai ripari non solo limitando o trovando alternative al saccarosio ma ovviamente rivoluzionando in meglio un po’ tutto il mio regime alimentare.
In ogni caso l’utilizzo delle alternative è consigliato, soprattutto ai soggetti diabetici, e tra le varie opzioni mi sentirei solo di escludere il fruttosio per le complicazioni di tipo epatico e metabolico a cui un suo eventuale eccesso può portare.

Trasferito a Udine nel 2012 come assegnista di ricerca presso l’omonima università, ho conseguito nel 2015 a Roma un master della NUTRIFOR in Nutrizione e Alimentazione Umana decidendo di intraprendere la via della libera professione. Mi chiamo Mauro Meloni e svolgo la libera professione a Udine come Biologo Nutrizionista. La mia formazione accademica è iniziata a Cagliari, città in cui sono nato nel 1976 e dove ho conseguito la laurea in Scienze Biologiche (2003). Successivamente (2007), ho ottenuto il titolo di Dottore di Ricerca (PhD) in Microbiologia e Virologia.