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Dieta, è solo una questione calorica?

Quanto è importante il computo calorico in una dieta dimagrante? Deve essere estremamente preciso o bisogna tenere conto anche di altri fattori di natura metabolica e ormonale? Oppure considero solo questi ultimi e non do importanza alle calorie? Perché non riesco a dimagrire con una dieta ipocalorica?

Sono queste una serie di domande che si sentono spesso ultimamente e che in assenza di risposte convincenti portano alcune persone ad abbracciare spesso e volentieri nuove “filosofie alimentari” alternative poco credibili in termini scientifici.

Se da un lato attenersi esclusivamente e in maniera ortodossa al solo conteggio calorico della dieta può portare a volte scarsi risultati in termini di perdita di peso, dall’altro lato seguire sistemi alimentari che per esempio ti inducono a mangiare ad libitum pasta o braciole di maiale a colazione e a escludere alimenti come verdure e frutta, possono risultare molto rischiose in termini salutistici.

In realtà sarebbe più opportuno, nell’elaborazione di uno schema alimentare, considerare il nostro bilancio calorico giornaliero o settimanale in termini di entrate (per esempio alimentari) e uscite (per esempio lavoro, attività fisica ecc…) e “adattarlo” alla nostra situazione ormonale e metabolica, garantendo inoltre tutti i macro/micro-nutrienti necessari al corretto funzionamento del nostro organismo. L’obiettivo è quello di evitare alterazioni metaboliche che potrebbero lasciare uno strascico o una così detta “impronta” negativa per molti anni, infatti spesso questa impronta è ereditata da una duratura cattiva alimentazione che in determinati individui porta o può portare al fallimento di una dieta bilanciata.

Facciamo un classico esempio: ho un amico/a coetaneo con circa il mio stesso peso; il mio amico è anche mio collega di lavoro e ha circa le mie stesse mansioni inoltre frequentiamo entrambi e insieme un corso di fitness; sta di fatto che io mi trattengo spesso nel mangiare evitando gli eccessi perché son conscio di mettere su facilmente del grasso corporeo, il mio amico invece mangia quello che vuole senza limiti e non mette su un etto! Perché?

Possiamo anche rigirarla in questo modo: due individui coetanei con circa stessa altezza e peso e abitudini simili seguono una stessa dieta, noteremo nel tempo differenti risposte che possono essere un importante calo di peso di uno rispetto all’altro o persino un fallimento nel dimagrimento di uno dei due.

Perché succede questo?

La spiegazione ce l’hanno i nostri mitocondri, dei piccoli organuli cellulari che sono la nostra centrale energetica e metabolica ovvero in parole semplici creano energia a partire dalle sostanze che ingeriamo. L’efficienza metabolica non è oggettiva e dipende da soggetto a soggetto perciò a parità calorica capita spesso che ci siano soggetti che mostrano un metabolismo per così dire alto e uno basso. Escludendo l’attività fisica, l’efficienza varia nel tempo e dipende non tanto dall’età quanto dal nostro assetto ormonale e dalle nostre abitudini dietetiche passate, infatti ci sono diete assolutamente sbagliate che non “alimentano” le nostre centrali energetiche o a volte causano dei “black out”. Capita spessa per esempio che quella dieta del minestrone o delle noccioline fatta due anni fa non funzioni più!

Quando si inizia perciò un percorso nutrizionale il professionista a cui ci si affida deve essere in grado di capire lo stato attuale metabolico dell’assistito coerentemente con la sua storia dietetica passata e consultando, se necessario, specifici parametri ematici. C’è della resistenza insulinica? La tiroide funziona correttamente? Quante diete ha fatto in passato? E che tipo di diete erano? E la sua flora batterica intestinale? È sana?  Riesco a ipotizzare la sua efficienza metabolica?

Capita, in determinati casi, di dover effettuare un così detto reset metabolico che all’inizio può portare a leggere variazioni ponderali ma col tempo può permettere la ripartenza della nostra centrale energetica.

Spesso si pretende di dimagrire in brevissimo tempo dopo che per anni ci siamo alimentati male e abbiamo “violentato” il nostro organismo con diete sbagliate o seguendo i “santoni” mediatici dell’ultimo minuto.

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Spezie indiane e possibili benefici

Con il termine “spezie” facciamo riferimento a sostanze ricavate da prodotti vegetali secchi che generalmente provengono da zone tropicali o dal Medio Oriente o dall’Asia orientale. Questa puntualizzazione è doverosa in quanto spesso e volentieri il termine “spezie” è riferito anche a indicare alcune erbe aromatiche come timo, rosmarino, salvia, origano e molte altre.

L’utilizzo di questo tipo di sostanze nelle nostre tavole come insaporitori o aromatizzanti è altamente consigliato sia per le numerose “virtù” o proprietà benefiche che esse possiedono sia come alternative funzionali al sale da cucina diventando di conseguenza un utile strumento per contrastare problematiche come ritenzione idrica e ipertensione e non solo. È anche doveroso puntualizzare che i numerosi benefici sono frutto di studi scientifici effettuati utilizzando esclusivamente i principi attivi (molecole specifiche in esse contenute) ad alte concentrazioni che hanno mostrato delle interessanti attività di tipo antiossidante, antimicrobico, antinfiammatorio e così via; ciò non toglie che un uso abituale e anche accorto delle spezie nella nostra alimentazione possa in qualche modo apportare dei benefici a lungo termine al nostro organismo.

Passerò in rassegna alcune delle spezie di origine indiana più conosciute e diffuse con alcuni dei loro possibili benefici.

Cumino.

Alto contenuto in ferro e calcio. Proprietà benefiche a livello digestivo dovute ala stimolazione degli enzimi pancreatici. Effetti positivi in caso di meteorismo, aerofagia, dispepsia e gonfiore post-prandiale. Buon rimedio in caso di alitosi.

Coriandolo.

Buon contenuto in vitamina A. Proprietà antinfiammatorie e anche digestive in soggetti con colon irritabile. Benefici in caso di stanchezza generalizzata e inappetenza. È stato studiato un possibile effetto chelante nei confronti di alcuni metalli pesanti come mercurio e piombo.

Cannella.

Alto potere antiossidante oltre a proprietà antibatteriche e antispastiche. Le proprietà antiossidanti sono dovute alla presenza tra i principi attivi di rutina, catechina e quercetina. C’è qualche evidenza anche su un possibile ruolo come regolatore della glicemia post-prandiale, infatti è presente un polifenolo con funzione simile a quella dell’insulina. Possibili benefici in caso di ipercolesterolemia, ipertrigliceridemia e ipertensione.

Cardamomo.

Proprietà antinfiammatorie e benefiche a livello digestivo in quanto contrasta mal di stomaco, stitichezza, dissenteria e alitosi.

Chiodi di garofano.

Elevato contenuto in calcio. Spiccato potere antiossidante oltre a proprietà antiemetiche e digestive. Il principio attivo “eugesolo” è utilizzato come componente degli anestetici locali in campo odontoiatrico.

Curcuma.

Spezia i cui principi attivi sono sotto profonda osservazione scientifica per un loro possibile impatto positivo nella prevenzione tumorale. Studi epidemiologici affermano che in Asia dove l’utilizzo della curcuma è abituale ci sia una minore incidenza di patologie tumorali e studi su cavie hanno evidenziato un rallentamento nella diffusione e proliferazione delle cellule tumorali prostatiche. Sembra possieda proprietà antinfiammatorie, antiaging, immunitarie, digestive antiossidanti e antibatteriche.

Peperoncino.

Forse uno degli alimenti con il più alto contenuto in vitamina C, potente antiossidante. Contiene sia lecitina, quindi ha un un certo effetto ipocolesterolemizzante, che capsaicina grazie alla quale viene stimolata la secrezione dei succhi gastrici migliorando di conseguenza la digestione.

Zenzero.

Proprietà antiemetiche grazie al principio attivo “gingerolo” oltre a potere antinfiammatorio, antimicrobico e antitrombotico. Particolare accortezza va presa dai soggetti con colon irritabile o comunque problematiche a livello intestinale in quanto alte dosi o un utilizzo molto frequente di questa spezie anche sotto forma di tisana potrebbe portare a effetti contrari e causare anche reazioni allergiche.

 

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La casa come ambiente “obesogeno”

Alcune strategie per limitare i rischi

La casa è definito ambiente “obesogeno” per tanti motivi, alcuni dei quali sono:

  • facilità nel reperire “junk food” come patatine, merendine, creme al cioccolato, bevande zuccherine, dolci grassi, caramelle, ecc.., condizione ancor più facilitata se in famiglia ci sono figli o conviventi o coinquilini in generale che usano abitualmente questo genere di alimenti;

  • televisione, che comporta anche un divano o una poltrona dove sedersi, e di conseguenza immobilità e poco esercizio fisico e mentale;

  • noia, generata spesso da assenza di svaghi o hobby o attività ricreative, che porta inevitabilmente a cercare un “diversivo” alimentare che il più delle volte riporta al punto 1;

  • atteggiamento passivo, spesso presente in realtà abitative prive di spazi verdi o di luoghi sociali di incontro o di palestre oppure che si rafforza in presenza di condizioni climatiche sfavorevoli; la casa diventa così un luogo per noi “sicuro e riparato” ma che spesso ci riporta ai punti 1, 2 e 3.

Come reagire o che strategie utilizzare per rompere questa routine poco salutare e dannosa?

  • Pulizia della casa dai fattori di rischio, junk food in particolare. Solo il gesto di eliminarli ci libera mentalmente da una schiavitù e da una dipendenza psicologica. Mangiare creme al cioccolato (senza citare note marche commerciali) non risolve sicuramente i nostri problemi, non stimola alcuna “endorfina del benessere” e ci crea solo ulteriori problemi fisici e di salute.
    C’è qualcuno in casa che non è d’accordo? Eliminandoli (i prodotti intendo!) diamo un buon esempio e facciamo della buona prevenzione in ambito familiare.

  • Spegnere la televisione soprattutto durante i pasti principali o accenderla il meno possibile giusto il minimo per restare un po’ aggiornati su cosa accade nel mondo o se proprio non possiamo rinunciare va bene anche tenerla accesa come sottofondo quando ci impegniamo in altre attività come cucinare o sperimentare piatti nuovi e sani, oppure, perché no, mentre pratichiamo un po’ di attività fisica.

  • Dedicarsi agli hobby preferiti, scoprire nuove potenzialità artistiche. Teniamo allenata la mente! L’attività mentale ci consente di bruciare più calorie di quel che pensiamo e sicuramente di più che stare a guardare passivi un rettangolo illuminato.

Anche in casa, se siamo ben motivati, possiamo organizzarci per praticare un po’ di attività fisica, bastano 20 minuti al giorno e sicuramente “l’effetto appagante” è migliore di una crema al cioccolato! Dedichiamoci con serenità, coscienza e senza distrazioni agli atti più importanti della nostra vita come mangiare sano, allattare i figli, fare l’amore e tenerci in forma. L’immobilità, la sedentarietà e la passività nei confronti della vita sono il nostro peggior nemico!

“Negli ultimi 33 anni, mi sono guardato ogni mattina allo specchio chiedendomi: se oggi fosse l’ultimo giorno della mia vita, vorrei fare quello che sto per fare oggi?. E ogni qualvolta la risposta è no per troppi giorni di fila, capisco che c’è qualcosa che deve essere cambiato”

Steve Jobs

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La moda del “gluten-free”

Negli ultimi anni si sta sempre più diffondendo l’utilizzo di prodotti alimentari “gluten-free”, ma cosa c’è di giusto o sbagliato in tale scelta?

Escludendo categorie a rischio come celiaci o coloro che mostrano la cosidetta “sensibilità al glutine non celiaca”, i quali per forza di cose devono eliminare tale proteina dalla loro dieta, la maggior parte delle volte la scelta del “gluten-free” è dettata sia dalla sensazione soggettiva che tali prodotti portino sollievo in termini fisici e fisiologici sia da un condizionamento esterno causato principalmente da pareri spesso di personale non qualificato; inoltre si aggiunge la sempre più diffusa convinzione che il consumo di prodotti contenenti glutine porti nel medio-lungo termine alla comparsa di patologie gastro-intestinali oltre ad una maggior facilità a mettere su del peso corporeo.

È necessario anche considerare tutta quella fascia di popolazione che effettivamente accusa un certo livello di “sofferenza” agli alimenti contenenti questa proteina che purtroppo i test finora accreditati come breath-test o gastroscopia non sono in grado di rilevare. Spesso per fare ulteriore chiarezza su questo tipo di intolleranza, che possiamo definire border-line, si utilizzano test genetici o diete ad esclusione.

Spesso la sintomatologia da intolleranza al glutine (escludendo la patologia celiaca) può essere confusa con quella tipica di tutta una serie di disordini gastrointestinali a partire da colon irritabile, morbo di Crohn, allergie alimentari di varia natura ecc… perciò prima di fare scelte alimentari non corrette sarebbe opportuno discutere col proprio nutrizionista sull’iter da seguire per andare in fondo a questa problematica o col proprio medico che attraverso specifiche analisi sarà in grado di effettuare un’opportuna diagnosi differenziale.

Non vi è al momento alcuna evidenza scientifica che una dieta senza glutine apporti maggiori benefici rispetto ad una con glutine, in individui sani; inoltre molti prodotti industriali privi di glutine perdono alcuni micronutrienti importanti come acido folico e ferro oltre a venire spesso arricchiti di zuccheri e grassi vegetali per renderli più gradevoli.

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